Tasse flessibili per il calcio delle fideiussioni taroccate
di Marco Liguori e Salvatore Napolitano
Il Palazzo del calcio professionistico sta lottando con le unghie e con
i denti per difendere le sue regole dall'assalto della giustizia ordinaria,
che applica le leggi valide per ogni cittadino. Ma è ormai evidente
a tutti che gli abitanti del mondo dorato del pallone non sono e non vogliono
essere cittadini come gli altri. La battaglia è destinata ad essere
persa. E' solo questione di tempo. C'è una legge superiore a qualunque
norma calcistica: la Costituzione. All'articolo 102 vi si sancisce che
«non possono essere istituiti giudici straordinari o giudici speciali»:
la giustizia sportiva è sicuramente speciale. E l'articolo 24 stabilisce
che «tutti possono agire in giudizio per la tutela dei propri diritti
e interessi legittimi»: la clausola compromissoria, che vieta a
un tesserato di rivolgersi alla giustizia ordinaria, è dunque carta
straccia.
Uno dei temi attraverso i quali si capisce meglio la considerazione che
il sistema del calcio ha verso le leggi ordinarie è quello dei
suoi rapporti con l'Erario e con gli Enti previdenziali. Un rapporto difficile
per molti, ma soprattutto per le società calcistiche. I loro debiti
verso Fisco e previdenza crescono a dismisura: al 30 giugno 2003, secondo
un'indagine del Sole 24 ore, sono saliti a 500 milioni di euro, con una
crescita annua del 66,67%. E' stata solo colpa della crisi? Non proprio.
Una mano l'hanno data le regole della Federcalcio, le cosiddette N.o.i.f.:
dal primo luglio sono nuove di zecca e più ferree, ma l'applicazione
degli articoli atti a definire i criteri di equilibrio finanziario, necessario
per l'iscrizione al campionato, è stata rimandata all'anno prossimo.
Se le nuove norme fossero state applicate adesso, per molte squadre sarebbe
stata una carneficina. Un solo punto delle nuove N.o.i.f. è stato
immediatamente applicato: quello che permette di suddividere in dieci
anni il debito verso l'Erario e di considerare ai fini del parametro ricavi/indebitamento
solo la rata annua. In altre parole, appena il 10% dell'intero debito.
Nelle vecchie regole, all'articolo 86, non c'era traccia di una simile
possibilità. Adesso sì: «In caso di rateizzazione
dei debiti verso l'Erario e/o verso gli Enti previdenziali - si legge
al punto 8 dell'articolo 86 - si terrà conto delle rate correnti
nonché di quelle in scadenza nella stagione sportiva successiva».
Naturalmente, la solita interpretazione molto estensiva ha permesso che
bastasse la sola richiesta di rateizzazione per applicarlo, senza preoccuparsi
che vi fossero le garanzie bancarie, obbligatorie per legge. Dunque, il
motto della Federcalcio pare essere questo: non dare soldi all'Erario,
visto che considererò solo il 10% del tuo debito. Con la Lega calcio,
la situazione non cambia: la questione irrisolta è di lunga data,
e riguarda la tassazione ai fini Irap delle plusvalenze generate dalla
cessione dei calciatori. C'è una risoluzione dell'Agenzia delle
Entrate, la 213 del 19 dicembre 2001, che spiega che le plusvalenze devono
essere tassate. Ma la Lega calcio è assurta a interprete di leggi
dello Stato, e ha deciso per un orientamento opposto. Tassazione ai fini
Irap delle plusvalenze? No, grazie. E' stato il motto dei 38 presidenti
di A e B. Fino al 30 giugno 2001, il problema è stato risolto grazie
ad una delle tante sanatorie del governo Berlusconi. Per i restanti due
anni, chissà, magari ci saranno delle sanatorie bis e ter.
(Fonti:
www.ilmanifesto.it)
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